Omaggio all'Arte pianistica di Arturo Benedetti Michelangeli 2024
La Sonata in Mi minore, Hob XVI:34 di Joseph Haydn fu pubblicata a Londra nel 1783. Dei tre movimenti in cui si articola, l’ultimo (Vivace molto) è quello più famoso poiché il tema su cui si basa, contrassegnato dall’autore con la curiosa didascalia “innocentemente”, s’imprime subito nella memoria dell’ascoltatore.
Nella celebre Fantasia in Re minore (1782) di Mozart, soprattutto negli arpeggi iniziali, cupi e notturni, si colgono già lampanti presagi del maturo stile beethoveniano. Stranamente la composizione rimase incompiuta, ma con l’aggiunta di poche battute conclusive da parte di August Eberhard Müller, fin dal primo Ottocento ha conquistato un posto di primo piano nel repertorio pianistico di ogni tempo.
Risalente al periodo del terzo soggiorno parigino (1778), la Sonata in La minore è una delle più famose composte da Mozart. Nell’Allegro maestoso l’incalzante andamento di marcia è contrassegnato da forti dissonanze, mentre il successivo Andante cantabile, in tonalità maggiore, presenta un’elegante melodia ornata su basso albertino. Conclude la Sonata un Rondò che riconduce l’ascoltatore al clima cupo dell’inizio.
Il catalogo pianistico di Chopin si inaugura con il Rondò Op. 1, ma nonostante l’apparente forma classica questa brillante composizione scritta da un ragazzo di soli quindici anni è più simile a una fantasia in cui si alternano affascinanti episodi in tonalità molto remote l’una dall’altra (la sezione in ritmo puntato in La bemolle maggiore offre, tra l’altro, sorprendenti punti di contatto con lo stile maturo di Schumann). Sono pagine giovanili anche i due celebri Valzer Op. 69, pubblicati postumi a cura dell’amico Julius Fontana: il primo, noto con il titolo apocrifo di “Valzer dell’Addio”, fu scritto a Dresda nel 1835, mentre il secondo, di carattere più malinconico, è del 1829. Postuma è anche la pubblicazione della celebre Mazurca Op. 68 n. 2, composta da uno Chopin diciassettenne. Al contrario, le tre Mazurche Op. 63 appartengono all’estrema stagione creativa del compositore polacco: in particolare la seconda (Lento) e la terza (Allegretto) sono autentiche gemme. Un altro pezzo da antologia è l’incantevole Notturno Op. 15 n. 2, risalente ai primi anni ’30. Infine, la Polacca in Do minore Op. 40 n. 2, del 1839, restituisce un’atmosfera tetra e cupa, quasi sempre confinata nelle regioni gravi del pianoforte.
Pubblicata nel 1854, la Rapsodia ungherese n. 11 in La minore di Liszt si apre con un suggestivo Lento a capriccio in tremolo, in cui è dichiarata l’intenzione di imitare il suono del cimbalom (o salterio ungherese), assai diffuso nell’Europa orientale. Segue un Andante sostenuto con un’altra melodia tipicamente zingaresca e arricchita da una fitta ornamentazione. Non può mancare la sezione finale della “friska” con un Vivace rapidissimo che sfocia in un’irresistibile stretta finale a tutta forza.
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